Nella maggior parte dei casi le sostanze chimiche e i composti non si incontrano in natura nella loro forma pura ma si trovano in condizione di composto con altre sostanze. Le acque torbide, l'aria con polveri, la nebbia sono tutti esempi di miscele gassose multifasiche. La miscela di sostanze non implica la formazione di legami chimici stabili tra i suoi componenti e pertanto, per la sua divisione, di solito sono sufficienti dei metodi fisici.
Nelle prime fasi del suo sviluppo, l'umanità utilizzava principalmente le sostanze nella forma in cui esse si trovavano in natura. Ad esempio, la condizione necessaria per la creazione di un grande insediamento era la presenza di una fonte di acqua potabile e cioè acqua con basso contenuto di sali o di altri tipi di impurità, come una bassa presenza di alghe, ecc. Tuttavia, dato il basso numero e la bassa densità della popolazione a quel tempo, non vi era l’esigenza di ricercare metodi di purificazione dell'acqua con lo scopo di poterla utilizzare. Le limitate necessità dell’umanità, allo stesso modo, non hanno richiesto la ricerca di percorsi di separazione di altri tipi di composti presenti in natura.
Come accade con molti aspetti della vita, lo sviluppo della cultura e della tecnologia ha portato ad un aumento dei bisogni. In particolare, ha cominciato a presentarsi la necessità di separare le sostanze pure dai composti oppure, al contrario, la pulizia dalle impurità. Queste esigenze potevano derivare da una necessità urgente, come nel caso del miglioramento della qualità dell'acqua potabile avvenuto circa 2000 anni prima della nostra era. Iniziarono a trattare l’acqua con una pulizia aggiuntiva facendola passare attraverso uno strato di sabbia o di carbone, cosa che permetteva di ripulirla dall'odore e rimuovere le piccole impurità. In alcuni casi, il compito di filtrare la miscela di sostanze avrebbe potuto verificarsi improvvisamente e richiedere una pronta soluzione come è successo il 22 aprile 1915 sul fronte tedesco-francese della Prima Guerra Mondiale, quando la Germania per la prima volta nella storia ha utilizzato in combattimento dei gas tossici che furono la causa della successiva invenzione e creazione della maschera antigas.
Un più grande impulso alla ricerca di sistemi di filtraggio, tuttavia, è stato portato dal rapido sviluppo della scienza e della tecnologia dal XVII secolo in poi. Molte reazioni chimiche avvengono in un ambiente fluido, mentre i prodotti di reazione possono essere già in forma solida. Le esigenze di molti processi industriali non consentono di utilizzare l'acqua normale senza ulteriori gradi di purificazione di cui una parte implica il filtraggio, la sedimentazione, ecc. Lo stesso vale per la pulizia dell’aria presa dall'atmosfera oppure, al contrario, di quella espulsa dagli impianti.
I primi impianti di filtraggio, come lo stesso filtro a sabbia, avevano una costruzione estremamente semplice. Venivano realizzati principalmente con materiali naturali e non prevedevano nessun tipo di calcolo preciso e nemmeno lavoro di ricerca. L'aumento della necessità nell’ambito del filtraggio ha portato allo sviluppo di strumenti di filtraggio. Tutto ciò ha dato origine a una grande varietà sia sul piano costruttivo che nella scelta del principio di separazione, fisico oppure fisico-chimico.
Il composto è un sistema fisico-chimico della cui composizione fanno parte almeno due componenti. Il composto può essere diviso con l'aiuto di metodi fisici, i quali agiscono sui componenti senza causarne mutamenti chimici.
I componenti del composto possono essere in uno come in diverse condizioni di aggregazione. Secondo questo principio vengono distinti due tipi di composti:
In generale, sono chiamati sistemi dispersi i sistemi costituiti da due o più fasi che non interagiscono chimicamente tra loro, in cui una delle due è distribuita nel volume dell’altra. Nei processi tecnologici i sistemi più diffusi sono quelli dispersi, in cui il la fase solida (continua) consiste in un liquido o in un gas, cioè in diversi tipi di emulsioni e sospensioni. Se prendiamo in considerazione l'opzione più semplice di sistema disperso con due componenti, possiamo distinguere i seguenti tipi di fasi:
Tipi di sistemi dispersi | Materiale dispersa (discontinua) | |||
---|---|---|---|---|
Fase gassosa | Fase liquida | Fase solida | ||
Materiale disperdente (continua) | Fase gassosa | Non forma sistemi di dispersione | Nebbie | Polveri Fumi |
Fase liquida | Schiume Emulsioni gassose |
Emulsioni | Sospensioni | |
Fase solida | Schiume solide | Emulsioni solide | Concentrato Materiale composito |
Nonostante il fatto che i componenti che fanno parte del composto non entrino in interazione chimica tra di loro, le proprietà fisiche del sistema possono variare dagli indici analoghi dei suoi componenti. Spesso un determinato parametro fisico del composto, come la densità, sarà compreso tra gli indici di analoghi parametri nei suoi componenti. Un ruolo fondamentale viene qui giocato dal rapporto delle parti componenti del composto. Per i sistemi dispersi di solito si distinguono la concentrazione di volume (Cv) oppure la concentrazione di massa (Cm) della fase dispersa, espressa in frazioni. In questo modo, conoscendo la densità della fase solida e della fase dispersa e anche la frazione di fase disperdente è possibile determinare la densità risultante del sistema:
pds = Сv·ρd+(1-Сv)·ρs
dove:
ρs – densità della fase solida, kg/m3;
ρd – densità della fase dispersiva, kg/m3;
ρds – densità del sistema disperso, kg/m3;
Сv – frazione di volume della fase dispersa.
L’analoga equazione per la frazione massiva della fase dispersa è la seguente:
pds = [ρd·ρs] / [ρd-Сm·(ρd-ρs)]
Nel caso delle sospensioni, la loro viscosità è il risultato dei cambiamenti di viscosità della fase liquida sotto l'influenza delle particelle solide della fase dispersa. Sono significativi sia la concentrazione volumetrica della fase dispersa che le dimensioni e la forma delle particelle solide.
Quando si è in presenza di una frazione volumetrica della fase dispersa minore di 0,2, il calcolo della viscosità della sospensione può essere effettuato utilizzando la formula empirica:
μvs = μl·(1+∑ni=1(ai·Civ))
μvs – viscosità dinamica della sospensione, Pa·s;
μl – viscosità dinamica del liquido (della fase solida), Pa·s;
Сv – frazione volumetrica della fase dispersa;
i, n, a –coefficienti empirici.
Quando si è in presenza di una frazione volumetrica della fase dispersa maggiore di 0,2, le sospensioni iniziano già a comportarsi come liquidi semi viscosi: la viscosità dipende dal gradiente di velocità del flusso.
La separazione di composti si verifica a causa di differenze nelle proprietà fisiche dei loro componenti. È importante notare che la maggior parte dei tipi di composti in un modo o nell'altro sono dei sistemi instabili e soggetti a processo di disgregazione con il passare del tempo. Tuttavia, la divisione naturale, avviene di solito in modo lento e richiede molto tempo, cosa non conveniente se si parla dell'attuazione di processi tecnologici. In apparecchiature speciali vengono quindi utilizzati metodi di intensificazione dei processi di separazione. Questo si riferisce principalmente ai composti eterogenei.
Nel caso di composti omogenei, il compito della loro separazione diventa significativamente più complicato. Tali sistemi sono spesso resistenti, cioè non si scindono nei loro componenti con il passare del tempo e non sono soggetti a divisione naturale. Così l'aria atmosferica, a noi ben familiare, è un composto di gas prevalentemente formato da ossigeno e azoto e senza ulteriori manipolazioni non sarebbe possibile ottenere la sua suddivisione nei componenti. Un altro esempio sono le leghe di metalli che, grazie alla loro struttura, sono poco soggette a cambiamenti interni senza un ulteriore intervento dall'esterno.
Tuttavia anche durante la divisione di sistemi eterogenei è possibile riscontrare determinate difficoltà. Le soluzioni reali e i sistemi colloidali sono resistenti in quanto le particelle, soggette al moto browniano a causa della loro piccola dimensione, vengono mantenute in una condizione di sospensione e non si disgiungono con il passare del tempo. Sono soggetti alla disgregazione solo i sistemi dispersi grossolani. Ad ogni modo, nel settore dell’industria sono più diffusi proprio i sistemi dispersi grossolani eterogenei in cui la miscela disperdente è un liquido o un gas. I metodi per la loro separazione saranno discussi qui di seguito.
La sedimentazione. La superficie porosa specifica della miscela e della fase solida. Il calcolo del diametro idraulico dei pori.
La sedimentazione è uno dei modi più semplici per la separazione dei sistemi grossolani eterogenei che non richiede attrezzature sofisticate per la sua realizzazione. La forza motrice di questo processo è la forza di gravità che agisce sulle particele solide (sulle sospensioni, sulle polveri e sui fumi) oppure sulle gocce (sulle nebbie o sulle emulsioni). Per le emulsioni, per cui la fase dispersa è più semplice della fase disperdente, si avrà in qualità di forza motrice del processo la forza di espulsione che costringerà le gocce a ritornare sulla superficie della fase solida.
Questo processo viene utilizzato principalmente per la prima separazione grossolana dei composti, in quanto una piccola forza motrice consente di separare efficacemente particelle solide o liquide abbastanza grandi. La divisione iniziale viene applicata per ridurre il costo del processo nel suo complesso, riducendo il carico di lavoro sulle fasi successive di pulizia raffinata, più complesse e costose. La sedimentazione, inoltre, permette di eseguire il compattamento delle sospensioni oppure la loro classificazione in particelle solide. Gli apparecchi più comuni, che operano secondo il principio di sedimentazione, sono i serbatoi di decantazione (pulizia di liquidi) e le camere a polvere (pulizia di gas).
Il blocco delle particelle solide sedimentate forma il deposito. Nella stragrande maggioranza dei casi la struttura dei depositi risulta estremamente complicata a causa delle diverse forme delle particelle solide e il loro caotico disordine. La struttura è caratterizzata da parametri quali la porosità (ε), che mostra la frazione del volume dei pori in un volume di sedimenti, la dimensione dei pori e la superficie specifica (fss). Si evidenziano, inoltre, la superficie porosa specifica della miscela (fsps) e la superficie specifica della fase solida (ffs).
Fsps = Fт/Vо; ffs = Fт/Vт; ffs = fsps/(1-ε); ε = (Vо-Vт)/Vо
dove:
Vо – volume del deposito, m3;
Fт – area totale delle particelle solide nel volume del deposito Vо, m²;
Vт – volume totale delle particelle solide nel volume del deposito Vо, m³.
Ovviamente la forma, le dimensioni e i pori nel deposito possono essere molto diversi e quasi non si prestano ad una misura diretta. Per la loro descrizione si applica un parametro del diametro idraulico dei pori (di). Nel caso ideale delle particelle solide a forma sferica con diametro (d), il diametro idraulico dei pori può essere descritto nel modo seguente:
di = 2/3 · (ε·d)/(1-ε)
Umidità e saturazione del deposito. Calcolo
Il deposito che si forma contiene anche una parte di fase liquida e il liquido contenuto nel sedimento è caratterizzato da un parametro denominato umidità (ω). Si distinguono l’umidità di massa (ωм) e l’umidità volumetrica (ωv). La prima mostra la massa di liquido per una singola unità di massa del deposito, mentre la seconda il volume di liquido per unità di volume del deposito. Questi due valori possono essere associati con l'aiuto della densità delle fasi, solida e liquida:
ωv = [ωm·ρт/ρl] · [(1-ε)/(1-ωm)]
dove:
ρт – densità della fase solida, kg/m³;
ρl – densità della fase liquida, kg/m³.
I filtri decantatori. L'equazione delle forze attive sulla particella durante la sedimentazione nel filtro
Come già detto in precedenza la principale forza motrice del processo di sedimentazione è la forza di gravità che agisce sulle particelle della fase dispersa, mentre la velocità di deposizione delle particelle della fase dispersa può essere considerata la caratteristica principale del processo. Si consideri una particella di forma sferica con una data massa (mt) e un dato diametro (d), la quale si muove in un liquido viscoso su cui agiscono una serie di forze: la forza di gravità (FT), la forza di espulsione di Archimede (Fa) e la forza di resistenza della miscela di lavoro (Fc). In conformità a tutto questo, scriviamo l'equazione generale delle forze che agiscono sulla particella:
Fт - Fа - Fс = m · (dw/dt)
dove:
Fт = mт·g = ρт·V·g = ρт · (p·d³)/6 · g;
Fа = ml·g = ρl·V·g = ρl · (p·d³)/6 · g;
Fс = ζ · S · (ρl·w²)/2;
(ρl·w²)/2 – energia cinetica della particella;
ζ – coefficiente di resistenza;
ρт – densità della particella solida, kg/m3;
ρl – densità del liquido, kg/m3;
w – velocità di movimento della particella; m/s;
S – sezione centrale, cioè la maggiore sezione trasversale del corpo di un piano perpendicolare alla direzione del moto (per la particella sferica S = (p·d2)/4), m2 ).
Il tempo di accelerazione della particella di solito è piccolo ed essa passa subito alla modalità di movimento con velocità costante. Possiamo perciò trascurare, senza perdite, la parte destra dell’equazione m dw/dt, prendendola con valore 0. Da qui otteniamo:
Fт-Fа-Fс = 0
La modalità di deposizione ha anche un impatto significativo sulla determinazione della velocità finale di deposizione. Per ognuna delle modalità, in cui il liquido scorre intorno a una particella, il valore del coefficiente di resistenza si calcola in modo diverso e, quindi, significa che cambia la formula per il calcolo della velocità di sedimentazione. Questo rende scomodo il calcolo della velocità in base alla formula ottenuta, in quanto, non sapendo in anticipo la modalità di sedimentazione si deve ricorrere al metodo delle iterazioni progressive per il calcolo.
Esiste un altro metodo di calcolo della velocità di sedimentazione. Esso è legato all’uso del criterio di Archimede (Ar), il cui significato fisico è racchiuso nel rapporto della forza di gravità, della forza di viscosità e della forza di Archimede. Come il criterio di Reynolds (Re) anche il criterio di Archimede ha valori perimetrali adeguati alla transizione da una modalità all'altra. Di seguito è riportata una tabella delle modalità di deposizione con i rispettivi valori di Re e Ar, nonché le formule di calcolo del coefficiente di resistenza ζ.
Modalità | Laminare | Di passaggio | Turbolento |
---|---|---|---|
Valore Re | Re < 2 | 2 < Re < 500 | Re > 500 |
Valore Ar | Ar < 36 | 36 < Ar < 83000 | Ar > 83000 |
Formula del coeff. di resistenza (ζ) | ζ = 24/Re | ζ = 18,5/Re0,6 | ζ = 0,44 |
Re = (ω·d)/ν; Ar = [g·d³·(ρт-ρl)] / [ν²·ρl]; Re²·ζ = (4/3)·Ar |
Le formule sopra riportate si riferiscono al caso di sedimentazione di particelle solide in un liquido ma è possibile applicarle anche per il caso di deposizione di gocce di liquido in un gas. Tuttavia, è necessario tenere in considerazione che la velocità di deposizione di una goccia può essere il 50% in più della velocità di deposizione di una particella solida di analoghe dimensioni. Ciò è dovuto alla presenza di circolazione interna di liquido nella goccia che diminuisce in caso di presenza di agenti tensioattivi o impurità.
Le gocce con minore circolazione di liquido si chiamano “rigide” e il loro comportamento può essere descritto con le formule utilizzate per le particelle solide. L'aumento della velocità delle gocce incontaminate ha, inoltre, un limite corrispondente al diametro critico delle gocce (dcr). Il valore del diametro delle gocce per il calcolo viene preso come il diametro di una sfera con un volume uguale al volume. Nelle gocce con un diametro maggiore di quello critico si osserva un periodico cambiamento della forma durante la sedimentazione, motivo per cui vengono chiamate oscillanti. Il successivo aumento delle gocce oscillanti porta ad una lieve diminuzione inversa della velocità di sedimentazione.
Anche con la sedimentazione ristretta si verifica un’imparità di velocità. Questo avviene in base all’altezza della macchina che viene rifornita dal flusso ascendente della fase disperdente. Il flusso sale dal fondo e prende il posto della massa delle particelle sedimentate della fase dispersa, il che porta ad un rallentamento nello strato bentonitico. Inoltre, nonostante la parziale parificazione della velocità di deposizione, le particelle più grandi si depositano comunque più velocemente, cosa che porta alla comparsa di diverse zone di deposizione. Nella parte superiore dell'apparecchio si può osservare una situazione che è quasi corrispondente alle condizioni di sedimentazione libera; nella parte centrale si verifica un'area di deposizione ristretta, mentre sul fondo si crea uno strato di sedimenti.
Il calcolo della velocità della sedimentazione ristretta nel filtro a gravitazione.
La velocità della sedimentazione ristretta sarà ovviamente diversa dalla velocità della sedimentazione libera. Di solito per questi scopi vengono utilizzate diverse formule empiriche e semi-empiriche. Una delle opzioni per il calcolo della velocità di sedimentazione ristretta (wris) si basa sul fatto che wris è una funzione tra la velocità di deposizione libera (wlib) e la frazione di volume della fase dispersa (ε). A seconda del valore di ε viene utilizzata una delle due formule di calcolo:
1) wris = wlib · ε² · 10-1,82·(1-ε) (con ε>0,7)
2) wris = wlib · 0,123 · ε³ · [1/(1-ε)] (con ε≤0,7)
In alternativa si può utilizzare la formula universale di calcolo, adatta a tutte le modalità di sedimentazione (laminare, di passaggio, turbolento):
Reris = [Ar·ε4,74] / [18+0,6·√(Ar·e4,75)]
dove:
Reris = (ρl·wris·d)/μl – criterio di Reynolds per la sedimentazione ristretta;
Ar = [ρl·g·d³·(ρт-ρ)]/μ² – criterio di Archimede;
ρт – densità della particella solida, kg/m3;
ρl – densità del liquido, kg/m3;
μ – viscosità dinamica del liquido, Pa·s;
d – diametro delle particelle della fase dispersa, m.
L'uso del valore d è possibile solo nel caso in cui nella deposizione prendano parte delle particelle sferiche di dimensioni identiche. In caso di deposizione di particelle con forma non sferica, come valore d viene preso il diametro di una sfera la cui massa è uguale alla massa delle particelle in sedimentazione:
d = ((6·Vp)/π)1/3
dove:
Vp – volume della particella, m3.
Per tenere in considerazione la tolleranza riguardo a forma e dimensioni delle particelle, viene utilizzato il coefficiente di correzione (ψ<1), per il quale è necessario moltiplicare il valore della velocità di sedimentazione ottenuto:
ψ = 4,836·(Vp2/3)/Sp
La sedimentazione in un campo di forze centrifughe. La forza centrifuga agente sulla particella nel filtro
Uno svantaggio serio del processo standard di deposizione è la sua limitata potenza motrice e cioè la forza di gravità terrestre. Al fine di intensificarlo, il processo si svolge in un campo di forze centrifughe che può essere creato artificialmente e raggiungere grandi valori rispetto al campo gravitazionale terrestre.
Il campo di forze centrifughe di solito viene creato in uno dei due modi seguenti: la miscela di lavoro da dividere viene fornita all’apparato rotante dove anche a lei viene trasmesso il moto rotatorio (centrifugazione) oppure il movimento di rotazione viene attribuito al flusso stesso, mentre la macchina rimane ferma (processo ciclonico). Come suggerisce il nome, per il primo caso vengono utilizzate delle centrifughe a sedimentazione, mentre per il secondo dei cicloni (separatori idrici).
La forza centrifuga, in quanto motrice del processo, può essere determinata secondo la seguente formula:
Fc = (m·wr²)/r
dove:
Fc – forza centrifuga che agisce sulla particella, N;
m – massa della particella, kg;
r – raggio del cerchio di rotazione della particella, m;
wr – velocità lineare di rotazione della particella, m/s.
Per la valutazione dell’efficacia in presenza di una separazione centrifuga, in confronto con una standard, viene introdotto il valore del fattore di divisione (Kd) pari al rapporto della forza centrifuga e della forza di gravità che agiscono sulla stessa particella:
Kd = Fc/Fg = [(m·wr²)/r] / [m·g] = [wr²] / [r·g]
dove:
Fg = m·g – forza di gravità, agente su una particella di massa m.
Dato che nel caso di macchine rotanti si usa spesso la velocità angolare invece di quella lineare, facciamo una serie di trasformazioni per esprimere il fattore di divisione attraverso la frequenza di rotazione. La velocità lineare e la frequenza sono legate dalla seguente formula:
wr = 2·p·r·n
dove:
n – frequenza di rotazione della particella, s-1.
Ora, inserendo l’espressione ottenuta nella formula pe il fattore di divisione, otteniamo;
Kd = (2·p·r·n)²/(r·g) = (4·p²·n²·r)/g
Dall’equazione è ben visibile che il maggiore incremento del fattore di divisione si ottiene aumentando la frequenza di rotazione e non il diametro della centrifuga o del ciclone. Il valore del fattore di divisione può essere molto diverso da macchina a macchina, cosa che causa differenze nella loro applicazione e scopo. In generale, per i cicloni il valore Kd ha l’ordine in centinaia, mentre per le centrifughe, in cui è molto più facile raggiungere grandi velocità angolari, il calcolo avviene in migliaia.
Il filtraggio. Calcolo della velocità di filtraggio
In generale viene definito filtraggio il processo di separazione della miscela dispersa con l’aiuto di una paratia porosa. I pori sono scelti in modo da lasciare fluire liberamente una fase e impedire il passaggio dell’altra. Così, a causa del trattenimento di uno dei componenti sulla paratia, si verifica il processo di separazione. Nel caso di filtraggio di una sospensione che passa attraverso la paratia, il liquido viene chiamato filtrato, mentre le particelle solide rimanenti nel filtro vengono definite sedimento.
Nella realtà il quadro del filtraggio è un po' più complicato, in quanto nella maggior parte dei casi lo strato di sedimenti che si forma e rimane sulla paratia di filtraggio ha un impatto significativo sul processo, poiché a sua volta partecipa alla filtrazione intervenendo in qualità di ulteriore paratia porosa. È importante notare che la resistenza idraulica della paratia filtrante, di solito, praticamente non cambia nel corso del processo (esclusi i casi quando le particelle piccole si fermano all'interno dei pori, riducendo le loro dimensioni di passaggio), mentre la resistenza idraulica del deposito aumenta man mano che aumenta il suo spessore. È evidente che la resistenza idraulica del deposito all'inizio del processo di filtraggio è pari a zero, data la sua assenza. Un altro criterio dei depositi che influisce sulla quantità finale di resistenza idraulica è la loro capacità o non capacità di cambiare la propria porosità quando aumenta la pressione. A questo proposito, le precipitazioni si dividono in comprimibili e incomprimibili.
Il processo di filtraggio può avvenire in condizioni differenti con la conseguenza che si possono quindi evidenziano una serie di modalità:
Si può presentare la velocità di filtraggio come il volume del filtrato passante in un’unità di tempo attraverso un’unità di superficie filtrante:
w = dV/(S·dt)
dove:
w – velocità di filtraggio, m/s;
V – volume del filtrato, m³;
S – superficie di filtraggio, m²;
t – superficie di filtraggio, s.
È inoltre empiricamente stabilito che la velocità di filtraggio è direttamente proporzionale agli sbalzi di pressione sul filtro e inversamente proporzionale alla viscosità del fluido e anche alla resistenza idrica, creata dalla paratia e dallo strato di sedimenti, cioè:
w = ∆p / [μ·(Rpf+Rrs)]
dove:
μ – viscosità dinamica del liquido, Pa·с;
Rpf – resistenza idrica della paratia filtrante, m-1;
Rrs – resistenza idrica dello strato di sedimenti, m-1.
Il filtraggio in un campo di forze centrifughe
Come il processo di deposizione anche il processo di filtraggio può essere intensificato se viene svolto in un campo di forze centrifughe. Per queste finalità vengono utilizzate delle centrifughe ma con una costruzione un po’ diversa da quelle a sedimentazione. In esse la superficie del tamburo ha una struttura reticolare e svolge la funzione di paratia porosa nei filtri. In generale, ci sono tre fasi del processo: la formazione del deposito, la compattazione del deposito e la sua successiva asciugatura meccanica.
Il processo di filtraggio nei filtri e nelle centrifughe filtranti si differenzia in modo significativo e anche le metodologie per il loro calcolo non si assomigliano. Una delle differenze è la distribuzione non uniforme delle principali forze motrici: così nella centrifuga filtrante la forza centrifuga non è uniforme e aumenta con l'aumentare del raggio. Oltre a questo, la forma rotonda della centrifuga porta al fatto che l'area di sedimenti cambi con l'aumento dello spessore del suo livello.
Risulta, tuttavia, più importante la possibilità di creare nelle centrifughe un significativo campo di forze centrifughe. Questo può portare al fatto che le particelle che entrano in contatto con la paratia filtrante comincino a deformarsi e otturino completamente o parzialmente i suoi canali, cosa che abbassa drasticamente la velocità di filtraggio. Notevoli forze, che agiscono sul deposito, possono causare un'eccessiva riduzione della sua porosità nel caso in cui esso disponesse di una grande comprimibilità. Esistono situazioni in cui risulta più vantaggioso effettuare il processo nei filtri che nelle centrifughe, nonostante la loro capacità di sviluppare una grande pressione su un liquido.
I filtri decantatori
La valutazione e la scelta dei filtri decantatori si basa sul principio che dalla miscela di lavoro da pulire deve essere garantita la separazione delle particelle più piccole tra quelle della fase dispersa, che si trovano nella zona più sfavorevole per la deposizione. Se questa condizione viene soddisfatta è allora ovvio che anche le particelle di grandi dimensioni risulteranno depositate.
La zona più sfavorevole per la deposizione è la superficie della sospensione da dove il percorso delle particelle fino al fondo risulta maggiore e richiede quindi una quantità di tempo maggiore per il suo superamento. Indichiamo il tempo di deposizione delle particelle più lontane dal fondo con τoc. Per garantire a pieno la sedimentazione delle particelle della fase dispersa, il tempo totale da loro trascorso nella macchina (τ) non deve essere inferiore a τoc. Se τ ≥ τос allora questo ci dice che una parte del decantatore risulta inutile e non sarà utilizzato nel processo di deposizione, se invece τ ≤ τос allora non tutte le particelle avranno il tempo di sedimentarsi durante il passaggio attraverso il decantatore e perciò il processo di separazione risulterà incompleto.
In qualità di semplice esempio si può prendere un decantatore rettangolare di lunghezza (l) e larghezza (b), per cui scorre la sospensione con velocità (v) e l'altezza dello strato di liquido è di (h). In questo caso il tempo di stazionamento in esso di una singola particella sarà uguale a:
τ = l/v
Poiché il fabbisogno di liquido purificato si può immaginare come la sezione trasversale del pistone moltiplicata per la velocità di flusso (Qlp = v·h·b), allora il tempo di permanenza delle particelle nella macchina si può esprimere attraverso il valore del fabbisogno:
τ = (l·h·b)/Qlp = (h·F)/Qlp
dove:
F – area di sedimentazione del decantatore, m².
Definiamo, a sua volta, la velocità di sedimentazione delle particelle della fase dispersa come (woc), allora il tempo di deposito (τoc) delle particelle più lontane dal fondo sarà pari a:
τ oc= h/ωoc
La condizione di una sedimentazione totale delle particelle è rappresentata dall’equazione τ = τос. Utilizzando le equazioni ottenute in precedenza, ridefiniamo questa uguaglianza sotto forma di:
(h·F)/Qlp = h/ωос
Esprimiamo il valore dell’area di sedimentazione del decantatore dall’equazione ottenuta:
F = Qlp/ωос
Come si può vedere, il valore di F non dipende direttamente dall'altezza e dalla larghezza del flusso di sospensione e quindi i valori di h e b possono essere selezionati sulla base delle condizioni strutturali. È solamente indispensabile garantire un regime di flusso del liquido laminare per creare condizioni più favorevoli per la deposizione.
La valutazione e la scelta dei filtri industriali
Se il processo di filtraggio avviene in modalità periodica allora vengono solitamente evidenziati una serie di fasi consecutive: filtraggio, lavaggio della sedimentazione, operazioni ausiliarie. Ognuna di queste fasi richiede un determinato tempo e la loro somma determina la durata dell'intero ciclo di filtraggio:
T = τf + τls + τoa
dove:
T – tempo totale del ciclo di filtraggio, s;
τf – tempo di esecuzione del filtraggio, s;
τls – tempo di lavaggio della sedimentazione, s;
τoa – tempo di esecuzione delle operazioni ausiliari, s;
Il tempo di esecuzione della fase di filtraggio può essere definito secondo la formula:
Tf = [(r·Voc·q²)/(2·∆p)] + [Rpf·q)/∆p]
dove:
r – resistenza specifica del deposito, m-2;
Vос – volume del deposito, che arriva su un’unità di volume del filtrato;
q – rendimento specifico del filtro, m³/m²;
Δp – sbalzo di pressione durante il filtraggio, Pa;
Rpf – resistenza idrica della paratia di filtraggio, m-1.
Esprimendo il valore q dall’equazione svolta sopra, otteniamo la formula per il calcolo del rendimento specifico:
q = √([Rpf/(r·Vос)]² + [(2·∆p)/(r·Vос)]·τf) – [Rpf/(r·Vос)]
Il tempo necessario per il lavaggio si calcola nel seguente modo:
Τls = [Qa·Vос·q·(rls·Vос·q+Rpf)] /∆psb
dove:
Qa – fabbisogno di acqua di lavaggio, considerato relativamente ad un’unità di volume del deposito;
Δpsb – sbalzo di pressione durante il lavaggio, Pa.
La durata dello svolgimento delle operazioni ausiliarie viene selezionato in base alla condizione per cui il rendimento del filtro periodico è massimo quando si realizza l'uguaglianza:
Τoa = τf+τls
L’area del filtro è legata al tempo di un ciclo di filtraggio secondo la seguente formula:
F = (Qf·T)/q
dove:
F – area di filtraggio, m²;
Qf – rendimento di filtrato del filtro, m³/s.
Filtri
Calcolo e selezione delle attrezzature di base